Capitolo XIII
(trascrizione a
cura di Giovanni Lo Presti, Salvatore Salmeri e Massimo Tricamo)
Affermò
aver disceso nella Piana tutta la cavalleria spagnuola che da lontano si ritrovava. E che venendo l’armata tudesca da
Napoli e Calabria volevano gli Spagnuoli gagliardamente defendersi.
Muore un soldato
in trincea. Il generale Zumjungen ordina, imitando gli Spagnoli, interventi di
manutenzione alle trincee e ad altre opere militari, controllando i lavori di
persona Il
fuoco fu continuo nelle trinciere d’ambedue le parti col disparo di molte e
molte scopettate, come di mortari con pietre. Con aver restato un soldato morto
con palla di schioppo, oltre li feriti.
Siccome
in questo giorno s’attese dalli Spagnuoli ad accommodarsi tutte le fossate da
essi fatte con farsi più profonde - continuandole sino alla ripa del mare e
nell’arena dalla parte di Ponente nel Purracchito, travagliandosi
indefessamente da molti e molti soldati - altrettanto d’ordine del signor
generale Zumjungen, tudesco, s’ebbe particolar cura di rivedersi tutte le
trinciere, osservandosi da lui medemo e facendo travagliare indefessi più
soldati per accommodarsi e le trinciere e fossate, e terrapieni. Ed in tutto
quello stimò necessario per custodia della città e per la propria defensione di
tutte le truppe.
25 maggio 1719
Rocambolesca
fuga a nuoto nel mar di Levante di cinque disertori di Maiorca, soccorsi, per
ordine delle autorità austriache, da un’imbarcazione di marinai napoletani 25 maggio. Ad
ora di mezzogiorno desertarono dal campo spagnuolo, con aversene fuggito in
questa città, cinque soldati maiorchini, avendo azzardato la fuga a nuoto per
il mare dalla parte d’innanzi. Uno delli quali o per non puoter più resistere
nell’onde, col timore di non sommergersi, o[p]pure pentitosi della fuga
intrapresa se ne ritornò nella ripa da dove s’avea partito cogl’altri compagni.
Ma gli altri quattro soldati, discoperti dalli suoi [dai propri commilitoni, ndr] nel fortino dell’Albero, furono
assaltati col disparo di molte cannonate e di schioppi. Perloché, d’ordine
degli officiali tudeschi, uscì una barchetta dal porto di questa con quattro
marinari di Napoli per aiutare quegli soldati desertori che stavano nuotando. E
continuando le palle di cannoni e schioppi, gli marinari per il gran timore se
ne ritornarono indietro. Ma, incalzati dall’officiali, arrischiarono di nuovo a
ritrovar gli soldati fuggitivi, tanto che, introdotti tre di essi sopra la
barca, gli condussero in salvo. E da nuovo e con rigore, e con promesse da
detti ufficiali incariti, furono forzati colla detta barca entrar nel pelago
per sussidio dell’altro soldato rimasto. E finalmente fu questi pure portato in
questa ripa, bensì spirante, per aver molto dimorato nel mare. Oltreché vi fu
il timore delle palle che molte volte a lui molto vicine pervennero; e di più
per essere stato assai lungo il camino da miglia due, anzi più, per aversi
gettato a nuoto nella ripa delli molini [oggi
area della Raffineria, ndr]. Doppo, riavutisi e vestitisi per aver venuto
ignudi, riferirono che nel campo spagnuolo si sapea la venuta di momento in
momento del comboglio da Napoli e Calabria, con quantità di cavalleria e
fanteria. E ciò nonostante essere pronti gli Spagnuoli insistere alla difesa,
con proibirsi primariamente il disbarco.
Compravendita di
neve e ciliegie giunte dalla Calabria, queste ultime cedute a prezzo rincarato
malgrado fossero di scarsa qualità Il giorno scorso venne una barca da
Calabria conducendo quantità di neve per vendersi. Il prezzo fu a tarì uno il rotolo, bensì questo si
puotè avere a cinque baiocchi, cioè grani dieci della moneta del Regno per ogni
rotolo. Pure si condussero cerase fresche dalli calabresi [e] si vendettero a
tarì due il rotolo. Doppo, in questo giorno, si vendeano a tarì uno della
nostra moneta per ogni rotolo, con tutto che fossero state marcite e quasi
dell’intutto guaste.
Compravendita a
caro prezzo
di pane di pessima qualità, minutamente
descritto negli ingredienti Sino à questo giorno si vendea il pane a grana
quattro per ognuno di peso di onze dodeci, di malissima qualità, tanto nella
manufattura come per non essere di farine scelte di solo formento, mescolate
bensì d’orgi, luppini, grani d’India ed altre biade. Osservandosi tutto ciò nel
crivellarsi. Ed inoltre dalli revenditori, per maggior loro guadagno, si vendea
detto pane a grana nove e diece per ogni due pani di grana quattro l’uno,
quando che le sudette farine venute da Calabria o da Napoli - ancorchè viziate
- si compravano al più prezzo rigoroso a tarì trentaquattro in
trentacinque il cantaro al peso grosso, ratizandosi il rotolo ad onze
trentatré. Onde per ogni cantaro avanzavano rotola diece. E nemeno sopra ciò
s’ha posto alcun rimedio né metodo sopra
detto pane, né altri commestibili, per la puoca attenzione di chi era tenuto.
Ma solamente s’attendea d’ognuno al proprio suo guadagno e benefizio,
senz’osservare quello del publico. E con tutto che le mormorazioni non
cessarono, nondimeno non fecero
alcun profitto, volendo tutti vendere come li piacea, solo bastandoli che
fossero concordati con alcuni offiziali. Ed era lecito il rubbare svelatamente,
non avendosi più riguardo né al dovere né alla coscienza.
Situazione
dell’artiglieria e della fucileria d’ambo gli schieramenti Il fuoco delli
cannoni e di mortari di bombe e pietre s’intendea sino a detto giorno
continuamente nelli fortini e trinciere in questa città e fori di essa. E la
notte col disparo di più scopettate in dette trinciere. Bensì in quei delli
Spagnoli dell’intutto si stava con silenzio, solamente si disparavano la notte
alcune focillate nelle trinciere.
26 maggio 1719
Ipotizzato
l’arrivo delle truppe austriache attese da Napoli, Tropea e Santa Eufemia 26 maggio. Sul
tardi si fecero a vedere nel golfo di Strongoli molte imbarcazioni. Che per
esser molto da lontano nemeno si puoteano nonché numerare, distinguere. Si
credette che fossero condotte le truppe tudesche, le quali con molta ansietà si
stavano attendendo da Napoli e da Tropea e Sant’Eufemia. Ma, per navigare con
vento prosperissimo, fra breve s’osservarono sopra l’isola di Lipari, onde non
più si dificoltò che fosse stato il comboglio che si attendea, per esser
innumerabili li navilij. Ma, seguita la notte, non si puotè congietturare il
vero.
Proseguono le
ostilità: cannonate verso il campo spagnolo da Porta Messina Dalli fortini
nella Porta di Messina e di Ferrandina si dispararono molti cannoni verso il
campo spagnuolo, gettandosi molte bombe, e con pietre. Non facendosi a sentire
gli fortini delli Spagnuoli. Solo la notte, d’ambe le parti, nelle trinciere
seguirono alcune scopettate col disparo d’alcuni mortari con pietre.
Brevissimo
armistizio nelle trincee: a colloquio tre ufficiali per parte, ma non ne viene
divulgato l’oggetto
Con tutta [Malgrado, ndr] la comparsa
del comboglio in questo giorno vicino Lipari, asserendosi esser l’Armata che
dovea venire fra breve, pure sul tardi - per meno d’un quarto d’ora - seguì l’armestitio
in mezzo le trinciere d’una parte e l’altra. Nel qual luogo, tolto gli
tamburri, si fece confabulazione di tre officiali tudeschi ed altri tre
spagnuoli. Bensì non si puotè penetrare in minima parte il trattato.
27 maggio 1719
Avvistate a
Lipari le numerose imbarcazioni cariche di truppe austriache dirette a Patti 27 maggio. In
questo giorno apertamente si scuoprì sopra l’isola di Lipari e quella di
Volcano tutta l’armata navale, consistente in molte navi inglesi ed altre in
molta quantità di trasporto. Numerandosi per quanto si puotè da 200
imbarcazioni, tolte le felughe ed altre barche, con quattro galere di Napoli. E
la sera s’accordonò sudett’armata da detta isola di Volcano sino al Capo
d’Orlando, precedendo le sudette quattro galere nel mare della città di Patti,
distante da questa da miglia ventiquattro. Con aver fatto disparo il forte di
quella città tre tiri di cannoni, qual esiste nella Marina. Perloché s’attendea
l’esito da tutti gli cittadini quasi anelanti, solo per vedere il distaccamento
delli Spagnuoli, il che molto bramavano. Molte felughe uscirono dal Capo con
aver andato in traccia della detta
armata. Ed altre che si ritrovavano con la sudetta approdarono in d[ett]o Capo.
Si credette aver ciò seguito per sapersi dagli officiali tudeschi le notizie
distinte per loro intelligenza, bensì da essi si trattò il tutto con ogni
secretezza, forse per non penetrarsi dalli malcontenti la veridica notizia
colla relazione che forse in qualche maniera dalli Spagnuoli s’avesse possuto
indagare.
Altro breve
armistizio
Pure ben mattino seguì altro armestizio in mezzo delle trinciere d’alcuni
officiali d’una parte e l’altra. E benchè avesse persistito per breve spazio di
tempo, nondimeno non si disse nulla
né di quello nel giorno scorso, né l’altro nel medemo giorno.
Il campo
spagnolo bombardato dai bastioni di Porta Messina dal forte Ferrandina In questa sera
furono disparate molte cannonate dalli bastioni nella Porta di Messina e di
Ferrandina con quantità di bombe e con pietre contro il campo spagnuolo. Come
pure dal fortino sopra il muro alla ripa del mare dalla parte da dietro nel
Purracchito, ma dalla parte delli Spagnuoli non si fece alcun disparo.
Stupore tra i
civili ed i militari per la mancata cannonata che segnala tutte le sere, dal
forte di contrada Due Case, il ritiro dei soldati spagnoli Dal principio
dell’Assedio fatto dalli Spagnuoli nella Piana si fece un fortino nella ripa
del mare finito il loro campo, nella contrata delle Due Case. Nel quale ogni
sera si disparava un tiro di cannone per segno del retiro delle loro truppe. Ed
in questa sera s’osservò che non seguì il disparo del cannone. Per onde recossi
molta meraviglia cossì nelli cittadini, come nell’officiali. Magiormente che
tutte l’azzioni che si facevano dalli Spagnoli a minuto si riguardavano per
regola militare.
Feluche del
campo spagnolo prendono il largo alla volta di Messina Per tutto detto
giorno s’osservò che tutte quelle felughe, che si ritrovavano nella ripa del
mare nella parte del campo spagnuolo, si partirono seguendo il camino verso il
Faro di Messina, instradandosi sempre vicino la ripa per il Capo di Raisiculmo.
Si vociferò che conducevano in quella città quantità di bagaglio.
Osservando il
campo spagnolo si notano, durante la sera e la notte, fuoco e fumo per diverse
ore Nella
medema sera si viddero per tutto il campo spagnuolo molte fumate. E ad ora una
di notte si fece in detto campo un grandissimo fuoco continuato. Ed altro
consimile verso ore tre della medema notte, qual continuò sempre fervente per
lo spazio di ora una. Perloché in questa città apportò molt’ammirazione,
dicendosi da tutti esser affare di alcuna conseguenza per avere stato insolito.
Nel cuore della
notte si sparano verso il campo spagnolo tre cannonate dal bastione di Santa
Maria al fine di accertare la fuga verso Barcellona del nemico. Il generale
Zumjungen, insieme al Missegla ed agli alti graduati imperiali e piemontesi ed
unitamente ad alcuni milazzesi, si reca nelle trincee spagnole per constatare
tale fuga Nel
medemo tempo d’ore tre di notte si fece il disparo di tre grossi cannoni dal
bastione di Santa Maria nella Cittadella
verso il campo, per aversi sussurrato in città esservi notizia che il
campo spagnuolo s’avesse slocato, fuggendo verso il casale di Barsalonetta.
Pure il signor generale Zumjungen, comandante tudesco, si pose a cavallo
accompagnato da molta quantità di signori generali ed officiali della sua
nazione, intervenendo il signor comandante Missegla con molt’officiali
savoiardi e di Piemonte. Col seguito di truppe di cavalleria e fanteria, colle
quali s’unirono alcuni gentiluomini e cittadini di questa, conducendosi tutti
nelle trinciere delli Spagnuoli. Per aversi riconosciuto che realmente gli
Spagnuoli avevano preso la fuga svergognatamente. Nel qual tempo furono presi
alcuni soldati spagnuoli prigionieri, li quali aveano rimasto nel campo sbadati
per essere stati inscienti della fuga sudetta.
Per il timore di
violenze da parte delle truppe austriache, molti abitanti della Piana fuggono
verso le colline
S’osservò inoltre che nella Piana non restò alcun paesano, avendosi tutti
retirati nelle montagne per il grave timore di non soggiacere ad alcuna
violenza di tante truppe gloriose per la fuga del nemico. O almeno di non
conseguire il sacco, qual ordinariamente sortisce in simili accidenti. E ciò
nonostante furono molti arrestati da prigionieri con alcuni bovi e cavalcature
che tenevano, per aversi ritrovato in detta Piana, conducendosi tutti in città.
Razzie e saccheggi
nel campo spagnolo da parte dei civili, perlopiù napoletani e calabresi Si vidde di più
che gli Spagnuoli lasciarono nel fuggire tutto il bagaglio che non si avea
possuto retirare innanzi o con essi condurlo, il quale fu tutto predato dalli
soldati e da molti napolitani e calabresi. Quali anco concorsero per
saccheggiare colle loro barche, con averle caricate di quantità di mobili così
del campo spagnuolo, come d’alcuni paesani che commoravano in detta Piana. Per
certo che fu molto copioso il bottino dalli napolitani e calabresi fatto col
riparo di dette loro barche. E con tutto che alcuni paesani di bassa condizione
avessero pure andato o per curiosità, ma meglio per provecciarsi col rubbare,
nondimeno a molti fu tolto il furto
da quelli soldati che si ritrovavano di guardia nelle porte della città ed in
altre parti, rapportando alcuni molte bastonate. Bensì molti colla loro
industria s’esentarono d’esserli tolto il mobile predato, tanto che liberamente
se lo condussero in casa. Particolarmente, nondimeno, quelli che andarono con
alcune loro barchette. E così non diedero campo agli soldati di levarli il
tolto.
Gli ingegneri
militari austriaci ed italiani lodano le trincee e le altre opere militari del
nemico, tutte costruite magistrevolmente S’osservarono tutte le trinciere
delli Spagnuoli con le strade coperte, fossate, contrascarpe ed altri repari
per la loro defensione. E furono nonché riguardate con attenzione, ammirate;
per essere formate con molta maestria e vigilanza.
Specialmente
le strade coperte del campo sino alle trinciere, che infallibilmente potevano
essere danneggiate le truppe venendo nelle trinciere [qui evidentemente è stata saltata qualche parola durante la
trascrizione del manoscritto dall’originale, rendendo oscuro il significato del
periodo, ndr], nelle quali si ritrovavano molte casematte magistrevolmente
construtte.
Peronde
non potevano esser offese dalle pietre che dalli mortari si disparavano. Anzi,
per essere state con artificio fatte, difficilmente le bombe potevano
penetrare, essendo state fabricate col tiro disuguale per scemarsi le bombe e
[pure fabricate] di tavoloni grossi più d’un palmo, con terra e fascina. Le
dette fossate pure erano fatte molto profonde col riparo ben alto. E con tal
arteficio che pure correa l’acqua col condotto sino alla parte di fori. Invero
che furono tutti l’ordigni militari e ripari necessarij celebrati da tutti
gl’ingegnieri e tudeschi ed italiani.
Ritorno in città
del generale Zumjungen, che ordina alla cavalleria di indagare sulla
destinazione delle truppe spagnole Dal sudetto signor generale Zumjungen,
unitamente con l’altri generali ed officiali, si fece il retorno in città
l’istessa notte. Ordinandosi bensì che nell’alba alcune truppe di cavalleria
scorressero per tutta la campagna per la parte delle montagne, per indagarsi il
camino delli Spagnuoli e per starsi con ogni prevenzione in tutte l’occorrenze
puotessero succedere.
28 maggio 1719
Confermata la
notizia dell’abbandono del campo da parte degli Spagnoli: manifestazioni di
gioia da parte della popolazione 28 maggio. Questa mattina realmente si
publicò per tutta la città la fuga delli Spagnuoli, abbandonato il campo
senz’alcun decoro. Perloché fu inesplicabile il consuolo universalmente da
tutti gli abitatori nella città, piangendosi d’ogn’uno per allegrezza per
vedersi fugato lo spavento di perder in avvenire la vita. Giac[c]hè s’avea
consumato nonché il mobile, pure lo stabile, e nel territorio e nella città,
senza ritrovarsi formalità di vivere. E con tutto ciò si rivedevano gli amici e
parenti, così uomini come donne, abbracciandosi con ogni tenerezza ed affetto
cordiale anco nelle strade. Instradandosi tutti per le chiese per render le
dovute grazie al sommo Fattore. E cogli ringraziamenti così a Dio come alla
Signora Maria nostra avvocata e tutti gli Santi. Anzi facendosi festino con
molta allegrezza, con tutto che non si avesse ritrovato persona che non fosse
addolorata per aver perso alcun congionto o stretto parente. E molti uccisi
disgraziatamente con palle di cannoni o di bombe di qualunque condizione.
Giungono i
prigionieri appena catturati dalle truppe imperiali. Si ipotizza una fuga dal
campo da parte Spagnoli in fretta e furia. A farne fede, tra l’altro, le scorte
di viveri abbandonate nel campo Vennero condotti dalle truppe tudesche
molti e molti soldati spagnuoli come prigionieri di guerra, cossì quelli che si
ritrovavano sbadati, come altri li quali furono lasciati di guardia alli posti
con il loro sargento o caporale, per essere stati inscienti della fuga
intrapresa. Credendosi aver ciò successo per arteficio di guerra fatto dagli
officiali Spagnuoli o pure per aver seguito la fuga impensatamente. Il che fu
più credibile, poiché si penetrò che nella notte scorsa sino ad ora una, anzi
più, nemeno s’avea preteso la partenza dall’istessi comandanti. Che altrimenti
s’avrebbe atteso a retirarsi il tutto, senza lasciare la maggior parte del
bagaglio in abbandono e dell’officiali e delli soldati. Oltre le provisioni
generali, specialmente di viveri in quantità. E per gli infermi rimasta nel casale
di Santa Marina la speziaria intiera,
Demolizione
delle trincee spagnole nella Piana S’osservò nel medemo giorno tutta
l’armata navale nel mare di Ponente sopra il golfo dell’Oliveri, con
indrizzarsi per questo Capo. S’attese nel medemo giorno dalle truppe tudesche
con ogni premura a demolirsi tutte le trinciere fatte dalli Spagnuoli nella
Piana, conducendosi in questa città tutta la legname. Il che si continuò per
più giorni susseguenti.
I civili
invitano il generale Zumjungen - ritornato da un secondo sopralluogo al campo
spagnolo - a far suonare le campane delle chiese per celebrare la partenza del
nemico
Altra volta il signor generale Zumjungen, comandante, si conferì nel campo
abbandonato dalli Spagnuoli, accompagnato da molti officiali con alcuni
cavalli. Ove si trattenne sino al Vespro. E retornato in città per magnare,
publicamente fu supplicato che si sonassero le campane per allegrezza e per
aversi disalloggiato il campo nemico spagnuolo. E di suo ordine tutte non
cessarono il suono all’arme, privileggiandosi quelle de’ Padri Domenicani, le
quali furono le prime a farsi a sentire. Si può considerare il gaudio e
contentezza di tutti gli paesani, piangendo per molta tenerezza e continuando
gli abbracci, con retornare nelle chiese a replicare gli ringraziamenti a S. D.
M., genuflessi per la grazia avuta d’aversi tolto l’assedio per così lungo
tempo continuato. Maggiormente che si viddero venire alla sfilata molti e molti
cittadini per tanti mesi sequestrati nella Piana. E si replicarono le
congratulazioni tra gli amici e parenti.
Altri
prigionieri e disertori spagnoli Furono condotti in questa città
molt’altri spagnuoli prigionieri, li quali restarono nella Piana. Ed inoltre
molt’altri Spagnuoli se ne fuggirono dal loro campo retirandosi in questa,
riferendo che le truppe spagnuole, guidate dalli loro comandanti ed officiali,
avessero preso per le montagne. Ed essi, volendo fuggirsene, pel camino si
nascosero destramente e, doppo, passato il campo, disertarono con aversi
retirato in questa.
Alcuni popolani si
recano nella Piana a caricare legname abbandonato dagli Spagnoli Alcuni paesani
plebei uscirono nella Piana e vennero caricati con molti mobili grossi lasciati
dalli Spagnuoli, servendoli ad alcuni di essi [plebei] le spalle per soma. Ed a
molti li loro balduini e mule. Consistendo tal mobile in tavole, scanni, sedie,
letti di camino ed altri, senza contradizione, né ostacolo alcuno. Perloché
diversi plebei si lucrarono molto bene.
Altri disertori
spagnoli giungono nel centro cittadino, ove tornano tanti civili costretti
nella Piana e nei comuni limitrofi da diverso tempo a causa dell’Assedio Ben tardi, la
sera pure comparirono altri desertori spagnuoli. Anzi, per tutto detto giorno,
dal mattino sino la sera, vennero in città molti e molti paesani di
qualsivoglia condizione. Li quali pure si trattennero nella Piana per molti
mesi, per tutto il tempo dell’Assedio. E di più si viddero comparire molt’altri
che si ritrovavano nelle città e terre convicine, con aversi molti principali
presentato innanzi il generale Zumjungen, comandante, per loro legitimazione in
segno d’obedienza.
Cavalleria e
fanteria austriaca nella Piana alla ricerca degli Spagnoli, fuggiti - sembra -
a Rodì Sul
tardi, per ordine del sudetto generale Zumjungen, uscirono nella Piana molte
truppe tudesche di cavalleria e tremila fanti - con molti officiali della loro
nazione - in traccia delli Spagnuoli fuggitivi. Per aversi affermato da molti
che aveano quelli fatto alto col loro campo formato nel casale di Rodì,
territorio della città del Castro Reale, per la parte di Libeccio e Ponente,
lontano da questa città da miglia diece.
Durante la
perlustrazione nella Piana le truppe austriache si abbandonano alla razzia.
Così come i commercianti calabresi e napoletani giunti in città in occasione
dell’Assedio
Questi soldati usciti per osservare gl’andamenti delli Spagnoli fecero
grandissimo bottino così di robba lasciata dalli nemici, come d’alcuni paesani
e cittadini, li quali commoravano in detta Piana per tutto il tempo dell’Assedio.
Con aver rotto e fracassato le porte di tutte quelle case che nella Piana
sudetta esistevano, nelle quali erano refugiati sudetti mobili. E sopra ciò non
si puotè dar metodo alcuno. Anzi, gli poveri cittadini in nessun modo volsero
resistere per non soggiacere a qualche maggiore violenza. E nemeno si puotè
evitare alli Napolitani e Calabresi che non rubassero publicamente. Poiché -
conferitisi questi con molte loro barchette, battelli, felughe ed altre nella
ripa del mare contigua colla Piana - pure assassinarono, predando quello che
ritrovavano, conducendolo in dette barche col trasporto doppo in questa Marina.
Ed il peggio fu che tutto quel mobile o altro rubbato dalli soldati si comprava
di baratto e quasi per niente dalli medemi Napolitani e Calabresi. Per certo
che questi lazzaroni molto si lucravano colla robba delli poveri cittadini.
29 maggio 1719
Giungono nel
Porto di Milazzo tutte le imbarcazioni che avevano curato il trasporto della
truppe austriache da Napoli e dalla Calabria, sbarcandole a Marina di Patti, da
dove via terra avrebbero raggiunto prima Oliveri e poi Milazzo 29 maggio.
Approdarono in questo Porto, su l’alba, da sessanta tartane, le quali si
ritrovavano nella Marina di Patti per aver in quel lido fatto il disbarco di
molte truppe tudesche. Di più, a mezzo dì, vennero altre tartane con molt’altre
imbarcazioni e felughe. E la sera entrò tutto il comboglio che avea venuto da
Napoli e Calabria, così di navi inglesi con otto galere: quattro napoletane ed
altre quattro di questo Regno. Come pure molt’altre imbarcazioni. Per aversi disbarcato
in quella Marina di Patti tutte le truppe, le quali s’istradarono per terra -
tanto la cavalleria, come la fanteria - di sopra la montagna del Tindaro, vicino
da detta città di Patti da miglia tre. E disceso per il passo nominato della
Carrubba, si condusse nella Marina dello Scaro dell’Oliveri [e] s’incaminò
marina marina per questa città.
Saccheggiata la
Baronia della Scala dei Proto, in quanto alcuni contadini di essa avevano osato
ferire qualche soldato austriaco di passaggio durante il viaggio da Marina di
Patti a Milazzo
Si publicò che nel passaggio che fecero le truppe vicino il monte del Tindaro
avesse seguito alcun disturbo nella Baronia della Scala, pochi passi lontana da
detto monte, quale sporge nel mare dalla parte di Levente tutto scozzese [scosceso, ndr] con precipizij
inevitabili; avendo bensì dalla parte di Ponente la strada piana per tutte le montagne.
Stanteché alcuni villani di detta Baronia - o insultati da dette truppe o[p]pure
per essere indiscreti - ebbero l’ardire di farle violenza, con aver restato
alcun soldato ferito. Perloché si fece il sacco a detta Baronia, col palazzo
del signor Barone Don [segue lacuna nella
copia, ndr] Proto, ove commorava, con aversi questi retirato in Patti.
Il Conte di
Mercy - sbarcato da poco con le truppe austriache a Marina di Patti - pranza
nel convento di San Domenico, ospite del generale Zumjungen A mezzogiorno
si conferì in questa città col signor generale Zumjungen (qual uscì ben mattino
nella Piana con molt’officiali della sua nazione per incontrarlo)
l’eccellentissimo signor Claudio Florimondo conte di Mercij, generale di
cavalleria, coronello d’un regimento di Corazze per Sua Maestà Cesarea e
Catolica, generale del Bannato di Tamisar [Temeswar, odierna Timisoara, ndr] e generale comandante di
tutte le truppe cesaree in questo Regno di Sicilia. Il quale avea fatto il
disbarco nel lido della Marina di Patti con tutte sudette truppe. E per terra
si condusse in questa città. E tanto esso signor conte di Mercij, con altri
suoi officiali, pransò nel Convento di San Domenico per l’ospitalità del signor
generale Zumjungen.
Le truppe
sbarcate col conte di Mercy a Marina di Patti si accampano a Merì («Lemmari» o
«Limerì»), in prossimità delle località (c.da Belvedere) in cui si erano
precedentemente accampati gli Spagnoli. Giungono disertori spagnoli dal nuovo
campo di Rodì
Tutte le truppe tudesche condotte coll’armata navale da Napoli, cossì di
cavalleria come di fanteria, da detto Scaro dell’Oliveri per la marina
squadronate si stavano approssimando a questa Piana. Ed infatti, pervenuti in
essa, fecero il loro campo formato un puoco più lontano dal luogo ove prima
tenevano gli Spagnuoli.
Pure
sul tardi si conferirono in questa città molti desertori spagnuoli, con aversi
fuggito dal loro campo che si trattenea nel casale di Rodì.
Altri civili
giungono nel centro cittadino dalla Piana e dai comuni limitrofi nei quali
avevano dimorato durante l’Assedio Ed, inoltre, vennero molt’altri
paesani, li quali si aveano trattenuto o per genio o per necessità nella Piana
e terre convicine, con aversi retirato nella loro Patria, tanto sacerdoti come
nobili e plebei. Facendo la comparsa innanzi il signor generale Zumjungen gli
principali per la loro legitimazione.
I giurati di
Patti e Santa Lucia del Mela si sottomettono alla clemenza del generale
Zumjungen ed alla dominazione austriaca Di più, si conferirono innanzi sudetto
signor generale Zumjungen due signori giurati della città di Patti, lontana da
questa 24 miglia, rendendosi all’obedienza di Sua Cesarea e Catolica Maestà. E
gradita la loro attestazione, liberamente furono rimessi.
Nel
medemo giorno esercitarono il medemo offizio di vallassaggio tutti gli signori
giurati della città di Santa Lucia, miglia sei distante da questa. E se ne
ritornarono colla loro sodisfazione. Si credette che faranno il consimile tutte
l’altre città e terre di questa Comarca, poiché s’osservò la piacevolezza e
bontà del sudetto signor generale Zumjungen.
Giacomo Fusari e
Grimaldi inviato da Milazzo a notificare l’indulto generale in tutto il Regno
di Sicilia
Don Giacomo Fusari e Grimaldi della terra di San Fratello in questo Regno -
quale dal mese di gennaro trascorso si ritrovava in questa città inviato al
signor generale Zumjungen dal signor conte Galas, ambasciadore della Cesarea e
Catolica Maestà in Roma, siccome s’ha in quel tempo il tutto descritto - ebbe
la commissione dal medemo signor generale di conferirsi in Patti con li medemi
giurati per publicare l’indulto generale cossì in detta città, come per altre
parti convicine e per il Regno. Con aver ottenuta patente in scriptis dal detto generale essere stato inviato per servizio
della Cesarea e Catolica Maestà. Ed infatti per terra, con detti giurati di
Patti, sul tardi si conferì nella città di Puzzo di Gotto, lontana da questa
miglia sei, per far la partenza nel giorno sequente per Patti.
Gli Spagnoli
abbandonano al nemico i militari infermi, la farmacia e parecchi sacchi di
farina
Nel partirsi fuggitivi gli Spagnuoli dalla Piana lasciarono a descrizione del
vincitore tutti quegli soldati infermi, in molta quantità, nel casale di Santa
Marina. Ed inoltre molti sacchi di farine repostati in magazeni. E di più tutta
la speziaria [farmacia, ndr] piena di
medicamenti per servizio di tutte le loro truppe ed officiali ammalati.
Perloché nel medemo giorno le sudette farine si condussero in questa città. E
tutta sudetta speziaria, ripostata in più casse, si lasciò in custodia e, ben
tardi, pure venne in città, assignata in potere del sudetto signor Stefano
Inger, tudesco Protomedico Generale di tutte le truppe tudesche così nel Regno
di Napoli e nella Calabria, come in questo Regno. La quale speziaria in parte
si distribuì in quella che si ritrovava in questa per servizio delle medeme
truppe cesaree e loro officiali. E parte a servizio del sudetto signor
Protomedico. E finalmente abbandonarono in detto casale gli Spagnuoli altre
provisioni di viveri, che tutte rimasero colle guardie.
I proprietari
terrieri tornano nella Piana per osservare la condizione dei propri terreni
dopo le devastazioni dell’Assedio Molti paesani di qualunque condizione
uscirono nella Piana per osservare le loro possessioni e beni stabili.
Retornarono molto sconfitti ed addolorati per avere di presenza visto il loro
grave interesse, per essere tutta sudetta Piana redotta in terreno inculto. Quando
prima era piena di viti fruttiferi, reputandosi emporio di vino, mentre si
producea ogn’anno da diecimila botti di detto vino, essendo la più annata
sterile [La botte, antica misura
cittadina, corrispondeva a 6 «salme di Milazzo». Ogni salma si suddivideva in 8
«quartare» e corrispondeva a sua volta ad 80 litri. Diecimila botti equivalgono
dunque a 48.000 ettolitri, un quantitativo imponente, tanto più se si considera
che il dato fa riferimento alla più «sterile» delle annate, ndr].
Come
pure d’alberi domestici con bellissimi giardini pieni d’ogni sorte di frutti
molto dolci. Ed inoltre, numerandosi pria più di [segue lacuna nella copia, ndr] sacchi di fronde di celsi per il
verme cavaliero, onde si produceano ogn’anno più di [segue lacuna nella copia, ndr] libre di seta al mangano colle dette
fronde. Di più tutte le case nella Piana sudetta dirupate e discoperte. E la
maggior parte redotte in piano sino al suolo, quando che innanzi si vedeano
molte casine ed altre case, così alte come terrane. Ed in molte parti nemeno si
possono distinguere gli confini d’un luogo all’altro. Per certo che
raccontandosi il danno rassembla incredibile. Anzi, a chi l’osserva li pare un
paradosso, stante che l’interesse s’ha calculato sormontando più di
quarantamila onze. Bensì d’alcuni si stimò più di mezzo milione d’onze, tolto
quello seguito nella città per la demolizione della metà di case; e le restanti
remaste, in ogni modo è necessario ripararle con acconci di molta spesa e di
considerazione. Tanto per essere state fracassate con bombe e palle di cannoni,
come per aversi dirupato in più parti dalli soldati, li quali in esse abitavano.
Ed altre, specialmente di quelle ove non persistea l’abitazione dalli padroni
di esse case, nelle quali tutte si levarono le tavole, legname, porte e
fenestre, restando solamente le mura. Non includendosi il danno seguito nel
Capo della Città, così di case come delle vigne ed alberi, per aversi
descritto. Solo si può aggiungere essere stato molto lagrimevole il caso
seguito. E pure non si può con ogni distinzione raccontare, nemeno credere, se
oculatamente non si osservava.
Provvedimenti
dell’autorità militare e degli amministratori cittadini in materia di annona.
Si riparano i molini ad acqua della Piana In detto giorno dal signor
generale Zumjungen, allora pure comandante, pure s’attese con esatta diligenza
a mettersi alcun metodo per li viveri, così per le truppe come per gli
cittadini. Per li quali intervennero pure gli spettabili signori giurati di
questa. Poiché s’inviò nella Piana il maestro di legname Giovanni Cambria per
osservare d’accommodarsi tutti gli molini in essa Piana. E se si puotea in
quelli macinare gli formenti come prima, avendo commissione il sudetto di
Cambria di far venire in città tutti gli molinari della sudetta Piana per
mettersi in opra detti molini.
Gli Austriaci
determinati a sottomettere all’obbedienza Lipari, ostinata a rimanere sotto la dominazione spagnola Nel
passaggio che fece l’armata navale venuta da Napoli nell’isola di Lipari,
s’inviò persona seria in detta isola e città affinché si [ar]rendesse con
venire all’obedienza dell’arme cesaree. E nonostante aversi osservato da quegli
isolani una così numerosa armata, intrepidamente si rispose così dal presidio (a
devozione del Re Filippo di Spagna, sotto l’arme del quale si mantenea tutta
l’isola dal principio che venne la sua armata in questo Regno) come dalli
paesani (che volevano impegnar ogni loro podere a favore di Spagna). Delché
restarono gli comandanti ed officiali di detta armata molto meravigliati per
aver considerato l’ostinazione, nonché [non
solo, ndr] da quelle poche truppe spagnole che presidiano la città, [pure]
delli medemi paesani. Onde in questo giorno si tenne consulta dal detto signor
generale Zumiungen e dal signor generale Mercij che si dovesse passare in
quell’isola di Lipari parte di detta armata tudesca per conculcar l’orgoglio
demostrato e dar tutta l’isola al fuoco del cannone e delle bombe. Ed infatti
per la sera si determinò di farsi il viaggio.
30 maggio 1719
Quantificazione
delle truppe austriache giunte da Napoli e dalla Calabria e delle imbarcazioni
adibite al loro trasporto 30 maggio. S’ha indagato con ogni esattezza per
sapersi il numero delle navi inglesi, galere, vasselli, tartane ed altre
imbarcazioni che condussero le truppe tudesche venute da Napoli e Calabria,
così di cavalleria come di fanteria. Come pure quello di esse truppe. In questo
giorno si disse. E per quello che s’osservò cogli occhi e benché distintamente
non s’abbia possuto sapere il numero, tanto per essere tutti di loquela
straniera e non intesa, come per portar ombra alcuna volendo scrutinarsi il
tutto. Poiché facilmente, pretendendosi indagare tal numero con ogni
distinzione, potea esser molto nocevole a chi demostrava penetrare la
specialità sopra tal materia. Almeno tolto qualunque adombramento nelle
contingenze che recavano l’inchinazioni specialmente delli cittadini, li quali
non voleano entrare a farsi apprendere d’alcun malintenzionato, sempre era
riguardato come al soverchio curioso. E pure con ogni disinvoltura e destrezza
si puotè sapere che tutta sudett’Armata Navale consistea in dodeci navi inglesi
di prima linea, in galere quattro di Napoli, tartane al numero più di trecento
grosse con pezzi di cannoni presidiate e corredate ed altre di trasporto. E più
di cento felughe e palanche. Ed in questo giorno si principiò a farsi il
disbarco delle provisioni di viveri ed altri con tutto il bagaglio
dell’officiali e soldati. In quanto alle truppe di cavalleria si disse essere
state al numero di cinquemila, con 4 regimenti di Roma [e] Mesterguesh, e
quelle di fanteria di milleottocento.
Arriva il Duca
di Saponara
Comparì in questa città con puoco equipaggio il signor Don Vincenzo di
Giovanni, Duca di Saponara. Discorse colli signori generali Mercij e Zumjungen
nel convento di San Domenico. Ed a sua propria disposizione restò sequestrato
d’ordine delli sudetti signori generali nella città, sopra la sua parola. Con aversi
retirato in casa del signor Don Antonino Proto, vicino il convento di San
Domenico.
Pagine fuori
testo redatte a Milazzo ed intitolate “Relazione
di quanto passò all’armata tudesca venuta da Napoli col disbarco in questo
Regno di Sicilia nella città di Patti”. Tale relazione si conclude con la
conquista di Lipari da parte delle truppe austriache
[Giorno illeggibile, ndr] Maggio.
Mercordì mattino s’incominciò la partenza da Napoli. Sabbato la sera si finì l’imbarco.
Pure tutta la fanteria, la quale era a Baia in detto giorno, fu imbarcata
assieme con li granatieri.
[Giorno illeggibile, ndr] detto.
Domenica. Il Conte di Mercij, generale di dett’Armata, con tutti gli officiali
andò a Baia. Nell’istessa sera seguì l’imbarco.
[Giorno illeggibile, ndr] detto. Lunedì.
Per ordine dell’Ammiraglio Riuz [o Bing?,
ndr] si disparò il tiro di partenza tanto per l’Armata che era a Baia, come per
l’altri bastimenti di rispetto che erano in Napoli. Ma per la scarsezza del vento
non puoterono unirsi coll’armata sino al tardi.
[Giorno illeggibile, ndr] detto. Martedì.
La sudett’Armata fu fori di Napoli e per li 26 di detto mese (venerdì) si
retrovò tutta la flotta in mezzo dell’isole di Strongoli, Volcano e di Lipari.
E l’istessa notte s’unirono alla flotta il generale delle 4 galere di Napoli
con 40 bastimenti. Condussero tutta la cavalleria con li granatieri che si
ritrovavano in Calabria.
27
detto. Sabbato verso la sera tutta sudetta Armata, qual era sopra la costa di
Sicilia, fu sotto la città di Patti. Il generale de Mercij passò sopra la
galera capitana e s’abbracciò col generale conte di Fovenlada, approdando con
detta galera sino al lido per riconoscere il terreno ed una torre, qual
esisteva vicino la ripa, con aversi disparato tre cannonate. E per tutta la
notte si trattennero in detto loco, aspettandosi il restante di detta flotta.
28
detto. Domenica di Pentecoste. All’alba si ritrovò tutta la flotta unita e si
principiò a farsi il disbarco con essere stati li primi gli granatieri, sotto
il comando del Coronello Haimbergh. Ed occuparono alcune parti delle montagne.
E per essere stato tempo propizio si fece il disbarco in due hore nell’arena
della spiaggia di Patti. E si ritrovò coperta dall’infanteria, la quale si
mettea in marcia dell’istessa maniera che si disbarcava. Mettendosi al disbarco
la sera la cavalleria, che si retrovò in terra sotto la condotta del generale
di Mercij, che fu il primo che disbarcò. E fatte dal medemo l’istessa sera le
sue disposizioni con tutta l’armata di terra, passate alcune montagne
precipitose andò ad accamparsi alla spiaggia dell’Oliveri, tirando per la
Marina verso questa città di Melazzo. Ove venne il Marchese di Buescert de
Triciso, cavalier di Piemonte, spedito sopra una feluga dal generale
d’infanteria Zumjungen al sudetto Conte de Mercij, generale dell’Armata,
dandoli notizia d’aversi retirato dall’assedio di questa gli Spagnuoli,
abbandonando il campo con aversi instradato per le montagne della Novara e
Francavilla. Da dove puoteva prendere il camino per Palermo o per Messina, o
per la Piana di Catania. Il che pure fu confermato d’alcuni Spagnuoli desertori
e molti del paese.
29
detto. Lunedì ad ore due innanzi giorno incominciarono a marciar le truppe per
la parte ove avea fuggito lo Spagnuolo. Ma doppo lunghissima marcia non si
puotè incontrare. E la sera si retirarono miglia tre distanti da questa città.
Nella notte approdò in questa la nave navale per disbarcare la cavalleria.
E
si stanno spedendo [segue lacuna nella
copia, ndr]. Bensì per non perdere tempo si sono spedite 4 galere e molti
bastimenti con 2.500 soldati tudeschi, sotto il comando del generale baron di
Zekendorff, all’isola di Lipari per
attaccare col Castello, che fu giovedì verso la sera. La città di Lipari è
lontana 30 miglia da questa città.
Il
venerdì e sabbato s’hanno inteso cannonate per aversi ostinato colla difesa.
Disbarcarono al Cannitello. Domenica, tre ore doppo mezzogiorno, il baron
Darmon arrivò al campo in questa città con aver portato notizia al generale de
Mercij d’aversi
reso
a descrizione la città e fortezza di Lipari all’arme imperiali.